di Elisa Silvia Colombo

L’empatia, nei confronti degli animali e dei loro proprietari, svolge un ruolo importante nella professione del veterinario, migliorando il rapporto con i clienti e la qualità delle cure. Tuttavia, poco a poco, il contatto con la sofferenza altrui può esaurire le risorse emotive, spirituali e fisiche del veterinario. Questa condizione di disagio psicofisico connesso al lavoro venne individuata per la prima volta in ambito medico-sanitario negli anni Cinquanta del secolo scorso ed è nota come “fatica da compassione” o, più spesso, “burnout”. Sono molti i fattori che contribuiscono all’insorgere della sindrome: clienti “difficili” o inadempienti, interferenze tra vita lavorativa e vita privata, difficoltà di comunicazione entro l’ambiente lavorativo, eccessivo carico di lavoro e di responsabilità, aspettative troppo elevate, mancanza di tempo, remunerazione non adeguata.

I sintomi comprendono il sentirsi arrabbiati, esausti e sopraffatti dalle emozioni, dal proprio lavoro e dalle richieste degli altri, senza essere in grado di dare attenzione a nulla. Si avverte uno stato di tensione, allerta e preoccupazione e si osserva una restrizione della sfera emotiva: l’individuo ignora i propri sentimenti o si sente intorpidito, come se non fosse più in grado di provare niente. Le prestazioni sul lavoro peggiorano, aumentano gli errori e l’umore ne risente, così come la salute e le relazioni interpersonali; il professionista si sente deluso dal divario tra le proprie aspirazioni professionali e la realtà lavorativa quotidiana, percepita come frustrante, e sviluppa un atteggiamento cinico e pessimista. Se non trattata, questa situazione può compromettere i rapporti interpersonali, ridurre la soddisfazione dei clienti, determinare un maggior numero di assenze dal lavoro e, nei casi più gravi, portare all’abuso di sostanze o al suicidio.

Tuttavia, non solo è possibile guarire dal burnout, ma lo si può soprattutto prevenire, imparando a gestire le fonti di stress e investendo sull’apprendimento di abilità comunicative e relazionali che consentano di vivere al meglio le dinamiche psicologiche proprie della relazione di cura, incrementando anche il successo professionale.

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